Dopo il diluvio dei giorni scorsi, nonostante un meteo non certo favorevole, questa mattina la sveglia è suonata prestissimo: destinazione Fossalon, la nostra famosa “palestra” di fotografia. Alle 6:15 appuntamento sul posto con il puntualissimo Paolo.

La “palestra” regala sempre qualcosa a noi fotografi, anche quando il cielo è grigio come oggi, anche quando ti aspetti la bassa marea ed invece l’acqua è piuttosto alta, probabilmente a causa del forte vento di scirocco, che la riporta indietro.

Ad un posto così non daresti normalmente una lira, ma la particolare posizione, proprio di fronte al sole (quando c’è) all’alba, ma in grado di restituire anche il riflesso della luce del tramonto, la totale assenza di bagnanti in estate, qualche barchetta spiaggiata di pescatori o cacciatori, rendono la spiaggia di Fossalon particolarmente efficace dal punto di vista fotografico.

Questi che vedete sono i primi scatti di paesaggio con la Sony A7R e con i grandangoli Canon: ho utilizzato sia il 16-35L II, che il 24-70L II. Per avere l’acqua più “setosa” possibile ho utilizzato il Lee “Little Stopper” (un ND da 4 stop).

Tornando a quello che più mi interessa, le immagini, era impossibile fotografare in modo decentemente fermo le barche. E non c’era un solo colore che potesse ravvivare l’inquadratura.

Il minimal in bianco e nero è stato quindi per me l’unica opzione possibile. Ho cercato di trattenere in ogni immagine i toni alti e la sensazione di “avvolgenza” che trasmetteva la (poca) luce che veniva diffusa senza ombre dalle nuvole.
In questo mondo onirico e sospeso, una barriera frangiflutti diventa una linea grafica, il corpo morto in cemento è un segno che trattiene il nostro sguardo come la barchetta che avrebbe dovuto ancorare, un ramo scuro piantato in mare diventa una preghiera rivolta al cielo, un cielo che intanto si è un po’ rischiarito.

après_le_délugeIII

E l’Assenza di riferimenti dell’ultima immagine, permette di cogliere meglio l’Essenza delle nuvole, quelle che “vanno e vengono”, come nella canzone/poesia di De Andrè: è per questo che fotografiamo, per fermare per un attimo il mondo e respirarne la bellezza. Quella bellezza che non tutti vedono, ma che i fotografi sanno riconoscere.